Il fondo patrimoniale è disciplinato dagli artt. 167 ss. c.c. e consiste nella destinazione di beni immobili, mobili registrati e titoli di credito nominativi al soddisfacimento dei bisogni della famiglia.
Il fondo patrimoniale indica la costituzione su determinati beni (immobili o mobili registrati o titoli di credito) da parte di uno o di entrambi i coniugi (o anche di un terzo), con convenzione matrimoniale assoggettata ad oneri formali (art. 167 c.c., comma 1) e pubblicitari (art. 162 c.c., comma 4 e D.P.R. n. 396 del 2000, art. 69), di un vincolo di destinazione (art. 169 c.c.) al soddisfacimento dei bisogni della famiglia (art. 170 c.c.).
Indica altresì il relativo regime di cogestione da parte dei coniugi (artt. 167 c.c. e segg.).
Il fondo patrimoniale dà origine ad un patrimonio separato di destinazione privo di soggettività giuridica, in quanto non si crea un nuovo soggetto di diritto idoneo ad essere titolare di situazioni giuridiche soggettive attive e passive, ma la titolarità dei cespiti destinati è attribuita ad entrambi i coniugi, salvo che sia diversamente previsto nell’atto costitutivo (art. 168 c.c.).
Il fondo patrimoniale è soggetto al regime di pubblicità dichiarativa previsto dall’art. 162, IV, c.c., ed è opponibile nei confronti dei terzi solo a seguito di annotazione a margine dell’atto di matrimonio; ove il fondo abbia ad oggetto beni immobili, è necessaria anche la trascrizione nei registri immobiliari ai sensi dell’art. 2647 c.c.
L’art. 169 c.c. pone un vincolo di indisponibilità dei beni del fondo, i quali non possono essere alienati, ipotecati, dati in pegno o comunque vincolati se non vi è il consenso di entrambi i coniugi, al quale, in presenza di figli minori, deve aggiungersi l’autorizzazione del giudice tutelare.
La destinazione del fondo ai bisogni della famiglia, peraltro, si realizza non solo con l’indisponibilità, ma anche con l’inopponibilità. Coerentemente con l’importanza dell’interesse presidiato, l’art. 170 c.c. prevede infatti un peculiare effetto segregativo, derogatorio del principio della garanzia patrimoniale generica di cui all’art. 2740, comma 1, c.c. La norma citata, infatti, vieta l’esecuzione sui beni del fondo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia.
L’onere della prova dei presupposti di applicabilità dell’art. 170 c.c. grava su chi intenda avvalersi del regime di inopponibilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale. Di conseguenza, per contestare il diritto del creditore ad aggredire i beni del fondo, non è sufficiente che il debitore dimostri la regolare costituzione del fondo patrimoniale e la sua annotazione in data antecedente alla procedura, occorrendo anche provare l’estraneità del debito ai bisogni della famiglia e la conoscenza che il creditore avesse (o dovesse diligentemente avere) di quest’ultimo elemento.
Il vincolo di destinazione impresso ai beni sottolinea la loro inaggressabilità per debiti contratti per necessità estranee alla famiglia, come disciplinato dall'articolo 170 del codice civile. Tale vincolo limita l'esecuzione sui beni conferiti solo in presenza di condizioni specifiche, contribuendo ad aumentare l'incertezza o la difficoltà nell'ottenere soddisfazione creditizia. Ciò comporta una restrizione della garanzia generale prevista dall'articolo 2740 del codice civile, che richiede al debitore di rispondere con tutto il suo patrimonio per adempiere agli obblighi,indipendentemente dalla loro origine.
L'art. 170 c.c. si applica anche alle iscrizioni ipotecarie, richiedendo la conoscenza del creditore sulla finalità familiare del debito.
La costituzione del fondo patrimoniale può essere dichiarata inefficace rispetto ai creditori attraverso un'azione revocatoria ordinaria ai sensi dell'articolo 2901 del codice civile. Questa azione tutela il creditore dagli atti di disposizione patrimoniale del debitore, eliminando la limitazione alle azioni esecutive posta dall'articolo 170 del codice civile, che si applica solo ai debiti per i bisogni familiari. L'azione revocatoria ordinaria è valida anche se la costituzione del fondo è avvenuta prima dell'insorgere del debito, a condizione che i debitori siano consapevoli del pregiudizio causato al creditore attraverso l'atto di disposizione.
Quanto alla legittimazione passiva, è importante specificare che la maggior parte della dottrina e della giurisprudenza ritiene il coniuge non debitore come litisconsorte necessario nell'azione revocatoria intentata dal creditore. Il litisconsorzio necessario si verifica ogni qualvolta la natura del rapporto sostanziale è tale da coinvolgere tutti i soggetti del rapporto in modo che gli effetti della sentenza li riguardino tutti. L'omissione della partecipazione di alcuni soggetti coinvolti violerebbe la regola del contraddittorio.
La ragione alla base della necessità del litisconsorzio nel caso del fondo patrimoniale è la tutela del coniuge non debitore. La sentenza che decide sull'azione revocatoria ha effetti immediati sul patrimonio di quest'ultimo: l'accoglimento dell'azione potrebbe limitare i beni destinati a soddisfare i bisogni della famiglia, esponendo ulteriormente il patrimonio del coniuge non debitore.
In ogni caso, i beni costituiti in fondo patrimoniale non possono essere sottratti all’azione esecutiva dei creditori che avevano concluso con i coniugi obbligazioni volte a soddisfare proprio i bisogni della famiglia.
La Corte di Cassazione ha precisato che i bisogni della famiglia devono essere interpretati in senso ampio, comprendendo non solo le necessità essenziali per l'esistenza della famiglia, ma anche le esigenze per il mantenimento armonioso, lo sviluppo e il potenziamento della sua capacità lavorativa. Sono escluse solo le esigenze voluttuarie o caratterizzate da intenti meramente speculativi.
(Cass. civ., Sez. III, 8 febbraio 2021, n. 2904.)
L’art.168 C.C. recita “ La proprietà dei beni costituenti il fondo patrimoniale spetta ad entrambi i coniugi, salvo che sia diversamente stabilito nell'atto di costituzione.
I frutti dei beni costituenti il fondo patrimoniale sono impiegati per i bisogni della famiglia.
L'amministrazione dei beni costituenti il fondo patrimoniale è regolata dalle norme relative all'amministrazione della comunione legale [180 ss.]. “
In tema di azione revocatoria del fondo patrimoniale, la natura reale del vincolo di destinazione impresso dalla sua costituzione in vista del soddisfacimento dei bisogni della famiglia e la conseguente necessità che la sentenza faccia stato nei confronti di tutti coloro per i quali il fondo è stato costituito comportano che, nel relativo giudizio per la dichiarazione della sua inefficacia, la legittimazione passiva va riconosciuta ad entrambi i coniugi, anche se l'atto costitutivo sia stato stipulato da uno solo di essi, spettando ad entrambi, ai sensi dell'art. 168 c.c., la proprietà dei beni che costituiscono oggetto della convenzione, salvo che sia diversamente stabilito nell'atto costitutivo, con la precisazione che anche nell'ipotesi in cui la costituzione del fondo non comporti un effetto traslativo, essendosi il coniuge (o il terzo costituente) riservato la proprietà dei beni, è configurabile un interesse del coniuge non proprietario alla partecipazione al giudizio, in quanto beneficiario dei relativi frutti, destinati a soddisfare i bisogni della famiglia.
(Cassazione civile, Sez. III, ordinanza n. 5768 del 22 febbraio 2022)
In tema di fondo patrimoniale, i figli minori e quelli maggiorenni - questi ultimi se il fondo non sia cessato e non risultino economicamente autosufficienti - sono legittimati ad agire in giudizio in relazione agli atti dispositivi eccedenti l'ordinaria amministrazione che incidano sulla destinazione dei beni del fondo, discendendo tale legittimazione dalla "ratio" dell'istituto, volto a costituire su determinati beni un vincolo di destinazione ai bisogni della famiglia nucleare e, quindi, di tutti i suoi componenti. Ne consegue che l'interesse all'azione permane anche se i figli diventano maggiorenni in corso di causa, in assenza di elementi da cui desumere che siano diventati autonomi rispetto alla famiglia di origine. (Fattispecie relativa all'azione di accertamento dell'invalidità della garanzia ipotecaria, concessa dai genitori sui beni del fondo patrimoniale, promossa dal figlio divenuto maggiorenne dopo avere intrapreso il giudizio).
(Cassazione civile, Sez. I, ordinanza n. 22069 del 4 settembre 2019)
In tema di azione revocatoria, la natura reale del vincolo di destinazione impresso dalla costituzione del fondo patrimoniale in vista del soddisfacimento dei bisogni della famiglia e la conseguente necessità che la sentenza faccia stato nei confronti di tutti coloro per i quali il fondo è stato costituito comportano che, nel relativo giudizio per la dichiarazione della sua inefficacia, la legittimazione passiva spetta ad entrambi i coniugi, anche se l'atto costitutivo sia stato stipulato da uno solo di essi, spettando ad entrambi, ai sensi dell'art.168 cod. civ., la proprietà dei beni che costituiscono oggetto della convenzione, salvo che sia diversamente stabilito nell'atto costitutivo, con la precisazione che anche nell'ipotesi in cui la costituzione del fondo non comporti un effetto traslativo, essendosi il coniuge (o il terzo costituente) riservato la proprietà dei beni, è configurabile un interesse del coniuge non proprietario alla partecipazione al giudizio.
(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 1242 del 27 gennaio 2012)
I figli dei coniugi che hanno proceduto alla costituzione di un fondo patrimoniale non sono parte necessaria nel giudizio, promosso dal creditore con azione revocatoria, diretto a far valere l'inefficacia di tale costituzione, giacché il fondo patrimoniale non viene costituito a beneficio dei figli, ma per far fronte ai bisogni della famiglia, com'è confermato dal fatto che esso cessa con l'annullamento, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio (art. 171 c.c.). E la circostanza che il giudice, all'atto della cessazione del fondo patrimoniale, possa attribuire ai figli, in godimento o in proprietà, una quota dei beni del fondo stesso, non può essere valorizzata al punto di attribuire ai figli stessi la legittimazione passiva nei giudizi che investano il fondo patrimoniale, trattandosi di mera eventualità i cui presupposti devono essere verificati soltanto al momento della cessazione del fondo.
(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 5402 del 17 marzo 2004)