Come già accennato, secondo l’art. 184 del Codice Civile, gli atti compiuti da un coniuge senza il consenso necessario dell’altro, e non successivamente convalidati, possono essere annullati se riguardano beni immobili o beni mobili registrati. I beni mobili registrati sono, ad esempio, automobili, imbarcazioni, aerei, motocicli e altri beni soggetti a registrazione presso specifici registri pubblici, come il PRA (Pubblico Registro Automobilistico) o i registri nautici.
Tali atti, pur essendo inizialmente efficaci, possono essere annullati solo su iniziativa dell’altro coniuge. Prima di avviare l’azione di annullamento, può essere necessario verificare se il bene in questione appartiene effettivamente alla comunione legale, nonostante sia stato acquistato come personale da uno dei coniugi (Cass. Civ., Sez. II, 24816/2018).
L’impugnazione dell’atto deve essere proposta entro un anno dalla data in cui il coniuge interessato è venuto a conoscenza dell’atto, oppure, se l’atto è stato trascritto, entro un anno dalla data di trascrizione. Se l’atto non è stato trascritto o il coniuge ne è venuto a conoscenza solo dopo lo scioglimento della comunione, l’azione può essere esercitata entro un anno dallo scioglimento. Questo termine annuale è generalmente considerato decadenziale, sebbene esistano opinioni giurisprudenziali che lo considerano di natura prescrizionale (Cass. Civ., Sez. II, 1279/96).
In caso di alienazione di un bene immobile in comunione senza il consenso necessario, il coniuge che ha compiuto l’atto è obbligato a versare all’altro coniuge la metà del prezzo ricavato, indipendentemente dall’uso fatto di tale somma (Cass. Civ., Sez. II, 23199/12). Se si tratta invece di un contratto preliminare di vendita di un immobile in comunione, l’atto può essere annullato per mancanza di consenso, ma ciò non impedisce di richiedere l’esecuzione in forma specifica dell’accordo, come previsto dall’art. 2932 del Codice Civile (Cass. Civ., Sez. II, 2202/13). L’esecuzione in forma specifica prevista dall’art. 2932 del Codice Civile può essere richiesta dal promissario acquirente di un contratto preliminare di vendita, anche nel caso in cui il bene oggetto del contratto appartenga alla comunione legale tra i coniugi e il consenso di uno dei due coniugi sia mancante.
Per i beni mobili non registrati, come gioielli o arredi, il coniuge che ha compiuto l’atto senza consenso non è soggetto ad annullamento, ma è obbligato a ripristinare la comunione nello stato precedente. Se il ripristino non è possibile, deve corrispondere l’equivalente valore economico al momento del risarcimento (Cass. Civ., Sez. I, 4033/03). Ad esempio, se Tizia aliena senza il consenso del coniuge Caio un gioiello di famiglia, il principio del "possesso vale titolo" (art. 1153 cod. civ.) impedisce di recuperare il bene presso un terzo acquirente in buona fede. In tal caso, la legge prevede che Tizia debba ricostituire il patrimonio comune reintegrandolo del valore del gioiello al momento dell’atto non autorizzato.
In sintesi, gli atti compiuti senza il consenso del coniuge differiscono nella disciplina tra beni immobili, beni mobili registrati e beni mobili non registrati, garantendo una tutela diversa in base alla natura del bene e al contesto specifico.