La differenza tra lo scioglimento del matrimonio e la cessazione degli effetti civili del matrimonio
La differenza tra lo scioglimento del matrimonio e la cessazione degli effetti civili riguarda la natura del matrimonio e le implicazioni legali che ne derivano. Entrambi i termini indicano la fine del vincolo matrimoniale, ma si applicano in contesti diversi.
Lo scioglimento del matrimonio si riferisce ai matrimoni civili, ovvero quelli celebrati esclusivamente davanti all’ufficiale di stato civile. In questo caso, con il divorzio, il legame giuridico tra i coniugi viene completamente eliminato, rendendoli liberi di contrarre nuove nozze. È una conclusione definitiva che riguarda tutti gli aspetti legali del matrimonio.
La cessazione degli effetti civili del matrimonio, invece, riguarda i matrimoni celebrati con rito religioso e trascritti nei registri dello stato civile. In questi casi, con il divorzio, il matrimonio perde ogni valore sul piano civile, ma continua a essere valido sul piano religioso, salvo che non venga annullato tramite apposite procedure previste dalla Chiesa, come quelle della Sacra Rota per i matrimoni cattolici. Pertanto, dal punto di vista civile, i coniugi sono liberi di sposarsi nuovamente, ma il vincolo religioso resta intatto.
La differenza fondamentale risiede nella tipologia di matrimonio: lo scioglimento si applica ai matrimoni civili, eliminando completamente il vincolo legale, mentre la cessazione degli effetti civili si applica ai matrimoni religiosi trascritti, limitandosi a rimuoverne le conseguenze giuridiche senza intaccare la validità religiosa. Per esempio, una coppia sposata civilmente vedrà il proprio matrimonio completamente dissolto con il divorzio, mentre una coppia sposata in chiesa continuerà a essere considerata unita sul piano religioso, anche se il matrimonio cessa di avere effetti sul piano civile.
Forme e condizioni
La Legge n. 898/1970, conosciuta come "Legge sul Divorzio", rappresenta un punto cardine nella disciplina della procedura di divorzio in Italia. Questa normativa, introdotta nel 1970, evita volutamente il termine "divorzio" e distingue tra lo "scioglimento del matrimonio", applicabile ai matrimoni civili, e la "cessazione degli effetti civili del matrimonio", riferita ai matrimoni concordatari, ovvero celebrati con rito religioso ma riconosciuti civilmente.
Esistono due modalità principali per ottenere il divorzio. La procedura può essere avviata su richiesta di un solo coniuge, nel caso di divorzio giudiziale, o da entrambi, quando c'è un accordo, nel caso di divorzio congiunto.
Nel divorzio congiunto, entrambi i coniugi concordano sia sulla decisione di divorziare sia su tutte le condizioni relative al divorzio, come l'affidamento dei figli, l'assegnazione della casa coniugale o la determinazione di un eventuale assegno di mantenimento. In questo caso, i coniugi presentano insieme un unico ricorso al tribunale, specificando i termini concordati. Questa procedura è più semplice, rapida e meno costosa, poiché non richiede un processo contenzioso e riduce al minimo il conflitto tra le parti.
Il divorzio giudiziale, invece, si verifica quando i coniugi non riescono a trovare un accordo o uno dei due si oppone alla richiesta di divorzio. In questi casi, uno dei coniugi presenta un ricorso unilaterale al tribunale, avviando un procedimento contenzioso. Spetta al giudice esaminare le posizioni di entrambe le parti e decidere su questioni come l'affidamento dei figli, il mantenimento e la divisione dei beni. Questa procedura è generalmente più lunga e complessa rispetto al divorzio congiunto, comportando costi maggiori e un impatto emotivo più significativo a causa della natura conflittuale del processo.
In sintesi, mentre il divorzio congiunto si basa sull'accordo tra i coniugi e garantisce tempi e costi ridotti, il divorzio giudiziale richiede l'intervento del giudice per risolvere le controversie, rendendo la procedura più articolata e onerosa.
La differenza tra divorzio congiunto e giudiziale persiste. Il divorzio congiunto è possibile solo se i coniugi raggiungono un accordo su tutti gli aspetti legati al divorzio. Quando ciò non accade, è necessario ricorrere al divorzio giudiziale, che prevede l’intervento del giudice per risolvere le controversie. La scelta della procedura dipende quindi dal livello di consenso tra le parti.
Entrambe le appena citate procedure di divorzio giungono a conclusione con una sentenza.
Sia nel primo che nel secondo caso, è richiesta una condizione oggettiva.
La condizione oggettiva si verifica quando una delle ipotesi elencate in modo specifico nell'articolo 3 della Legge n. 898/1970 è presente.
L’articolo 3 della Legge sul divorzio stabilisce i casi in cui è possibile richiedere lo scioglimento del matrimonio civile o la cessazione degli effetti civili di un matrimonio religioso trascritto. La richiesta può essere avanzata quando uno dei coniugi ha subito gravi condanne penali o in specifiche situazioni stabilite dalla legge.
È possibile chiedere il divorzio, ad esempio, se l’altro coniuge è stato condannato per reati particolarmente gravi, come omicidio, violenza nei confronti del coniuge o dei figli, o reati legati allo sfruttamento della prostituzione. Il giudice deve valutare se il comportamento del coniuge condannato renda impossibile la ricostituzione della convivenza familiare. Tuttavia, il divorzio non può essere richiesto dal coniuge che ha concorso nel reato o se la convivenza è stata ripresa.
Si può chiedere il divorzio anche in altri casi, come l’assoluzione dell’altro coniuge per vizio totale di mente in relazione a reati gravi, l’annullamento o lo scioglimento del matrimonio ottenuto all’estero, il mancato consumo del matrimonio, o in seguito alla rettificazione del sesso di uno dei coniugi.
Un altro caso comune è quello della separazione legale: dopo 12 mesi dalla comparizione davanti al giudice per separazione giudiziale o 6 mesi in caso di separazione consensuale, i coniugi possono richiedere il divorzio.
Gli stessi termini si applicano anche per accordi raggiunti tramite negoziazione assistita o presso l’ufficiale di stato civile.
In sintesi, il divorzio può essere richiesto in presenza di gravi motivi, separazione prolungata, o altre situazioni specifiche previste dalla legge, con l’obiettivo di garantire una soluzione giuridica alla crisi coniugale.
In caso di accordi raggiunti tramite negoziazione assistita o presso l’ufficiale di stato civile, il termini per richiedere il divorzio è di 6 mesi.
Se invece l'accordo iniziale deriva da una separazione giudiziale successivamente trasformata in consensuale, i termini possono essere adeguati alla specifica situazione.
Questi termini decorrono dalla data certificata nell'accordo concluso tramite le procedure stragiudiziali.