Esclusione di un coniuge dall’amministrazione dei beni in comunione legale: quando e come avviene

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L'art. 183 cod.civ. prevede che un coniuge possa domandare al giudice un provvedimento di esclusione dall'amministrazione dell'altro coniuge, quando questi è minore o non può amministrare ovvero ha male amministrato.

Con l'espressione "non può amministrare", l'art. 183 del Codice Civile si riferisce a situazioni in cui un coniuge si trovi oggettivamente impossibilitato a gestire l'amministrazione dei beni della comunione legale per motivi specifici, come:

  1. Incapacità legale: il coniuge potrebbe essere interdetto o sottoposto a tutela per cause legate a patologie mentali o altre condizioni che ne limitano la capacità di agire legalmente.

  2. Impossibilità materiale o temporanea: il coniuge potrebbe trovarsi in una situazione di impossibilità oggettiva, come una malattia grave o un'assenza prolungata che gli impedisce di occuparsi degli atti di amministrazione.

  3. Sopraggiunta incapacità di fatto: anche senza interdizione formale, il coniuge potrebbe trovarsi in condizioni che rendono impossibile un'amministrazione adeguata, come una perdita delle capacità cognitive o un grave impedimento fisico.

Il provvedimento giudiziale, che pure comporta la privazione del potere di compiere atti di amministrazione (siano essi di ordinaria che di straordinaria amministrazione), non possiede natura contenziosa. L'interesse che l'autorità giudiziaria deve proteggere è soltanto quello della corretta amministrazione dei beni della comunione. Si tratta pertanto di un'attività sostanzialmente amministrativa avente natura di giurisdizione volontaria. La competenza per materia si può ritenere ex art. 38 disp.att.cod.civ. appartenente al Tribunale ordinario mentre competente per territorio sarà il Tribunale nella cui circoscrizione si trova la residenza familiare. Il dubbio si pone nell'ipotesi in cui i coniugi abbiano una residenza anagrafica diversa: viene in soccorso il criterio del domicilio familiare, inteso come centro degli interessi della famiglia.

Circa le cause che possono condurre all'esclusione occorre precisare che, mentre l'interdizione importa automaticamente, di diritto, un tale esito ( ex III comma art. 183 cod.civ. ), la minore età, l'impedimento (che deve essere specifico, altrimenti ricadendosi nell'ipotesi generica di cui all'art. 182 cod.civ. ) ovvero il non sapere o potere bene amministrare conduce ad una preventiva valutazione da parte del giudice.

Ai sensi del II comma della norma in esame il coniuge privato del potere di amministrare può domandare al giudice di assumere un provvedimento di reintegrazione quando sono venuti meno i motivi che precedentemente, avevano determinato l'esclusione.

E' possibile reiterare le considerazioni già sopra esposte per quanto attiene alla natura non contenziosa del provvedimento ed alla competenza per materia e per territorio del giudice.

 

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