Oggetto della comunione legale

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Ai sensi dell'art. 177 cod. civ. cadono automaticamente in comunione:

  1. Gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali. Fanno parte della comunione, esemplificativamente l'appartamento o anche una porzione di fabbricato adibito ad uso diverso da quello abitativo (Cass. Civ. Sez. III, 8341/95), l'auto (Cass. Civ. Sez. III, 1292/98), il mobilio e le suppellettili domestiche acquistati dai coniugi insieme o separatamente, ecc.. 

E' stato escluso (sia pure in base ad un non condivisibile ragionamento sulla natura retroattiva dell'assegno divisionale, principio discretamente inconferente nella fattispecie) l'acquisto in capo alla comunione di quanto trasferito a titolo di assegnazione in natura di bene sociale ex art. 2283 cod.civ. (Cass. Civ., Sez. II, 17061/11);

  1. I frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione; (c.d. comunione de residuo, vale a dire che cade su quanto avanza nel momento in cui la comunione cessa per qualsiasi causa: morte, divorzio, separazione personale, ecc.);

  2. I proventi dell'attività separata di ciascuno dei coniugi sempre se e nella misura in cui, allo scioglimento della comunione, non siano stati consumati (cfr. Cass. Civ. Sez. I, ord. 16993/2023; Cass. Civ., Sez. VI-I, 5652/2017);

  3. Le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio. Qualora invece si tratti di aziende appartenenti ad uno dei coniugi anteriormente al matrimonio ma gestite da entrambi, la comunione concerne solo gli utili e gli incrementi.

All'inverso non fanno parte della comunione legale, dalla quale rimangono pertanto esclusi, gli elementi attivi di cui all'art. 179 cod.civ. , precisamente:

  1. I beni di cui, prima del matrimonio, il coniuge era proprietario o rispetto ai quali era titolare di un diritto reale di godimento;

  2. I beni acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di donazione (sia diretta, sia indiretta ed anche nell'ipotesi in cui quest'ultima si concreti nell'adempimento di terzo ex art. 1180 cod.civ.. Nel caso di un genitore che aveva provveduto al pagamento di un immobile acquisito dal figlio coniugato in regime di comunione è stato deciso nel senso dell'esclusione del bene dalla comunione: Cass. Civ., Sez. II, 31978/2018; Cass. Civ. Sez. I, 15778/00; in tema di pagamento soltanto parziale cfr. Cass. Civ. Sez. II, 20336/2021; tuttavia, sempre su tale ultimo aspetto, si veda Cass. Civ., Sez.I, 1630/2015; in senso ancora difforme cfr. Cass. Civ., Sez. VI-II, 19537/2018, con la quale è stato deciso nel senso della riconducibilità di quanto acquistato alla comunione legale tra i coniugi o successione, quando nell'atto di liberalità o nel testamento non è specificato che essi sono attribuiti alla comunione. Per una fattispecie più articolata, essendosi dato atto nel rogito di compravendita che i denari provenivano da donazione manuale di denaro, essendosi ritenuto che la liberalità indiretta riguardasse l'immobile, si veda Cass. Civ., Sez. I, 21494/2014. Cosa dire dei beni attribuiti in sede di divisione di cespiti facenti parte di comunione incidentale ereditaria? La risposta non è agevole quando il condividente in comunione legale sia attributario di un bene in esito al pagamento di un conguaglio in denaro (cfr. Cass. Civ. Sez. II, 14105/2021 nel senso della natura personale del bene);

  3. I beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro accessori;

  4. I beni che servono all'esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla conduzione di un'azienda facente parte della comunione. In questo senso l'eventuale dichiarazione di uno dei coniugi circa la destinazione dei beni acquistati non possiede efficacia diversa da quella meramente ricognitiva (Cass. Civ., Sez. I, 1523/12);

  5. I beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno, nonchè la pensione attinente alla perdita parziale o totale della capacità lavorativa;

  6. I beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati o col loro scambio, purchè ciò sia espressamente dichiarato all'atto dell'acquisto dall'altro coniuge. La categoria ha posto non agevoli problemi interpretativi di cui si darà conto separatamente.                                                


Particolare attenzione deve essere riservata ai redditi personali di ciascuno dei coniugi: essi non devono considerarsi compresi nella comunione, avendo natura di bene personale. Questa natura muta tuttavia nella misura in cui essi vengono risparmiati ed accantonati (cfr., per quanto attiene al TFR maturato e depositato sul conto cointestato: Cass. Civ., Sez. I, 10942/2015). All'atto dell'eventuale cessazione della comunione, la parte dei proventi dell'attività separata che non sia stata consumata, entra a far parte della comunione c.d. de residuo .

Essa si definisce come quella comunione residuale e differita che si forma quando si scioglie per qualsiasi motivo il regime di comunione legale, sul presupposto che i beni che ne abbiano formato oggetto non siano stati consumati in precedenza.

Ciò anche quando si trattasse di redditi da capitale (cfr. Cass. Civ. Sez. I, 13441/03 ; Cass. Civ. Sez. I, 2597/06). Così le somme depositate su conto corrente cointestato e risparmiate devono essere considerate comuni (circa gli effetti della cointestazione del conto corrente intrattenuto da coniugi in regime di separazione, cfr. Cass. Civ., Sez. II, 809/2014; Cass. Civ., Sez. I, 19115/12, se si prescinde dagli aspetti legati alla comunione legale tra coniugi, cfr. invece Cass. Civ., Sez. II, 11375/2019). Secondo una recente impostazione, alla comunione de residuo apparterrebbero anche le somme di denaro su conto intestato anche ad uno soltanto dei coniugi (CTR Firenze, Sez. XXIX, sent. n. 2482/2014).

Ancora alla comunione de residuo appartengono i beni destinati all'esercizio di un'impresa costituita da uno dei coniugi dopo il matrimonio (cfr. Cass. Civ., Sez. VI-II, 19204/2015). Ciò quand'anche si trattasse di una società di persone (cfr. Cass. Civ., Sez. I, 6876/13) e per gli incrementi di un'impresa di uno dei coniugi costituita precedentemente al matrimonio (art. 178 cod.civ.). Al coniuge non imprenditore spetterebbe, sciolta la comunione, un mero diritto di credito (cfr. Cass. Civ. Sez. Unite, 15889/2022).

Si badi come non potrebbe essere sostenuta la natura strettamente personale di tali situazioni soggettive, con la correlativa esclusione dalla comunione de residuo di esse, in relazione all'eventuale dichiarazione resa dall'altro coniuge in sede di acquisto del bene ai sensi del II comma dell'179 cod.civ.. E' stato deciso infatti nel senso dell'irrilevanza di una siffatta dichiarazione con riferimento ai detti beni, qualificati in base all'oggettivo criterio della loro effettiva destinazione (Cass. Civ. Sez. I, 18456/05).

Si ricapitoli brevemente il concetto di “ comunione de residuo “. La comunione residua si riferisce a quei beni che non sono stati consumati o spesi durante il matrimonio e che, alla cessazione del regime di comunione legale (come in caso di separazione o divorzio), possono entrare nel patrimonio comune. Quindi, anche se un bene è stato dichiarato personale al momento dell’acquisto, esso può essere rivalutato come parte della comunione residua se la sua destinazione effettiva dimostra che è stato usato per scopi comuni o familiari.

L’articolo 179, comma secondo del Codice Civile, riguarda la dichiarazione dell'altro coniuge resa durante l'acquisto di beni immobili o mobili registrati.  Questa norma stabilisce che, in alcuni casi, i beni acquisiti successivamente al matrimonio possono essere esclusi dalla comunione legale. Tuttavia, ciò avviene solo se è stata resa una specifica dichiarazione e se l'atto d'acquisto contiene l'indicazione che il bene deve rimanere personale.

La dichiarazione non esclude automaticamente il bene dalla comunione residua. La giurisprudenza chiarisce che, anche se il bene è stato dichiarato personale, bisogna sempre considerare la sua destinazione effettiva e non limitarsi alla dichiarazione formale contenuta nell'atto.

L'articolo 179 del Codice Civile si riferisce in particolare a:

  1. Beni immobili (come case, terreni) acquistati successivamente al matrimonio.

  2. Beni mobili registrati (come auto, barche, aeromobili) acquistati dopo il matrimonio.

Se uno di questi beni è stato acquistato utilizzando denaro proveniente, ad esempio, da un’eredità o da una donazione, o con l’intenzione che rimanga personale, il bene può essere escluso dalla comunione legale. Tuttavia, per essere considerato realmente escluso, deve esserci la dichiarazione nell’atto di acquisto e la conferma che il bene è destinato al patrimonio personale.


Si tratti ora il tema dell’attività di impresa esercitata da uno o entrambi i coniugi. Si distingue tra due situazioni che considerano sia la titolarità dell’azienda (aspetto statico) sia la gestione (aspetto dinamico). Se l’azienda è stata costituita dopo il matrimonio e viene gestita congiuntamente dai coniugi, essa rientra nella comunione legale e appartiene a entrambi, configurandosi come azienda coniugale, una figura introdotta dalla riforma del 1975. Tuttavia, se l’azienda apparteneva già a uno dei coniugi prima del matrimonio, ma successivamente è stata gestita da entrambi, non rientra integralmente nella comunione. In questo caso, solo gli eventuali utili e gli incrementi derivanti dalla gestione congiunta entrano a far parte del patrimonio comune, come previsto dall’articolo 177, comma 2, del Codice Civile. L’azienda coniugale solleva, inoltre, alcune problematiche giuridiche legate al rapporto tra la gestione condivisa e l’organizzazione societaria, che richiedono particolare attenzione alla distinzione tra la struttura patrimoniale e le modalità di esercizio dell’attività imprenditoriale.

 

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